“A volte mi scambiano per Jules, perchè io e lui siamo molto simili. Beh, vi dirò: quando lo fanno, sorrido. Jules era un ragazzo ed un pilota splendido, ed ogni volta che mi scambiano per lui mi fa onore, anche perchè così ripenso a lui…”
Quella tuta bianca e rossa, questo weekend, non può che riportare alla memoria l’ultima vittima del nostro sport: Jules Bianchi.
Charles e Jules erano (e probabilmente ancora sono) incredibilmente legati: occhi da sognatore, Ferrari nel destino e Montecarlo nel cuore.
“La Formula 1 mi ha portato via persone che amavo, ma io non riesco a farne a meno. Sono bravo solo in quello, e so che quando vinco, vinco anche per papà e per Jules. Se sono qui, è soprattutto grazie a loro”.
Fu proprio Jules, infatti, a trasmettere la passione a Charles per i kart, dandogli preziosi consigli e aiutandolo a migliorare.
Il padre di Jules, Philippe Bianchi, fu invece la prima persona a mettere su un kart il piccolo Leclerc: “Misi proprio io Charles sul kart quando era poco più di un bambino”, racconta Philippe. Erano infatti grandi amici i due padri dei piloti, tanto che ogni weekend le loro famiglie trascorrevano assieme i loro momenti nel kartodromo di Brignoles, gestito dalla famiglia Bianchi.
Legati, connessi, uniti in una missione annunciata tempo fa da Nicolas Todt, manager dei due piloti: “Charles deve portare avanti l’eredità lasciata da Jules, continuando il suo sogno”.
Un sogno chiamato Ferrari, coronato anche qui grazie all’aiuto del suo fratello maggiore.
“Avevo 11 anni quando sono entrato per la prima volta in Ferrari. Mi accompagnò Jules, che già correva per la Ferrari Driver Academy. Rimasi due ore a fissare l’ingresso: mi immaginavo la sede della Ferrari come la Fabbrica del Cioccolato, dove io ero il piccolo Charlie”. Sogni, idee e immaginazioni condivise sempre con il suo angelo custode.
E bastano soltanto i colori di una tuta a rimembrare un rapporto, quello tra Charles Leclerc e Jules Bianchi, che sembra davvero quello di due fratelli separati soltanto dal destino.
