Recitava così la maglietta con cui Lewis Hamilton si è presentato tra le colline toscane del Mugello.
Era il 13 marzo 2020, e in Italia è da pochi giorni scoppiato il lockdown: dall’altra parte del mondo, però si sta per compiere un atroce omicidio ai danni di Breonna Taylor, una giovane operatrice sanitaria afroamericana.
La polizia invade il suo appartamento alle 3 di notte, sfondando la porta. Il motivo? Un pacco sospetto recapitato qualche giorno prima fuori dalla porta della casa, che (si scoprirà poi) non conteneneva assolutamente nulla. In quel momento a casa di Breonna c’era il fidanzato, Kenneth Walker, che si alzò di sobbalzo e, preso dallo spavento, prese la pistola detenuta legalmente.
Kenneth temeva fossero ladri, motivo per il quale sparò ad uno dei tre poliziotti, ferendolo lievemente (venne poi assolto per questo, poichè fu “legittima difesa”). La polizia però reagì sparando colpi incontrollati a raffica, non colpendo l’uomo ma la fidanzata Breonna.
Otto colpi trafissero l’indifeso corpo della giovane, che morì sul colpo.
Le indagini rivelarono poi come la coppia era completamente innocente: nessun precedente, nessuna sostanza detenuta e nessun problema con la legge.
I poliziotti però non vennero condannati, ma soltanto trasferiti in un altro stato americano: tutti quanti assolti. Nessun colpevole, nessun condannato.
Il caso ottenne poca visibilità, e non varcò i confini degli USA.
Prima del 13 settembre 2020. Prima di Lewis Hamilton.
Lewis viene a conoscenza di questa storia e compie un gesto mai fatto prima d’ora. L’inglese si presenta prima in griglia di partenza, poi sul podio, con una maglietta ben chiara: “Arrestate i poliziotti che hanno ucciso Breonna Taylor. Dite il suo nome”. Il messaggio va in mondovisione, e il caso mediatico diventa di risonanza mondiale. Tutti ora conoscono Breonna, tutti conoscono la sua storia.
C’è però un problema: la maglietta passa come un “messaggio politico”, e in Formula 1 è estremamente vietato mostrare slogan politici senza permesso. Lewis lo sapeva, sapeva dei rischi che correva: per un gesto simile la sanzione può arrivare fino alla sospensione permamente della superlicenza FIA.
Ergo, non avrebbe mai più corso in Formula 1, terminando la sua carriera sportiva a causa di questo gesto.
I giorni successivi per lui sono tremendi: il mondo si spacca in due, dividendosi tra chi lo elogia e chi lo insulta. In USA tutti i giornali parlano del suo gesto, criticando aspramente la sua scelta e sottolineando come “dovrebbe pensare solo a guidare”. La FIA, invece, sanziona l’inglese con un’ammenda e un messaggio chiaro: mai più gesti del genere, o la tua carriera è a serio rischio.
Sir Lewis, però, ce l’ha fatta. Ha rischiato la sua carriera per cui ha tanto lottato e si è caricato il peso di mettersi contro parte dell’opinione pubblica mondiale soltanto per far conoscere a tutti l’omicidio di Breonna Taylor e fare giustizia sul caso, che ancora oggi resta aperto. A Louisville non si parla d’altro, e viene inaugurato un memorial dedicato alla giovane ragazza.
Una vicenda arrivata anche alla senatrice Kamala Harris, e che ha contribuito ad aumentare la rabbia e la voglia di giustizia del Black Lives Matter, un movimento al quale, ovviamente, Lewis Hamilton ha aderito scendendo più volte in piazza in segno di protesta.
Fonte immagini: Twitter