Immaginatevi avere un piede rotto e gareggiare in moto.
Ora immaginatevi farlo in MotoGP, dove le velocità toccano i 340 km/h.
Ed ora immaginatevi correre in MotoGP con una moto nettamente più lenta, il morale a terra, un piede rotto, dolori ovunque per una caduta di due giorni prima e arrivare terzo, davanti a moto che sono probabilmente due anni avanti in quanto a sviluppo.
Quello che oggi Fabio Quartararo ha fatto è surreale. Nessuno ha reso merito ad un’impresa titanica, eroica. Guidare quei razzi è già di per sè impossibile, immaginatevi in quelle condizioni, dove Fabio nemmeno riesce a camminare. Ma se non è stato reso il giusto omaggio, questo è “colpa” dei suoi colleghi e di lui stesso.
“Colpa” di piloti come Pedrosa, che dopo decine e decine di fratture tornava in pista e bastonava di nuovo tutti, con un fisico ormai martoriato. O di piloti come Marquez, che dopo aver rischiato di perdere un braccio continua a provare e cadere, cadere e cadere di nuovo, come se andando in terra non si facesse mai nulla. Ma, e chi va in moto lo sa bene, quelle cadute fanno male. E parecchio.
Ci sembra ormai normale che un pilota corra con una frattura, ci sembra quasi che il dolore non lo sentano. Ma i piloti sono persone come noi: il dolore lo sentono eccome, e la smorfia di Quartararo a fine gara lo dimostra, stremato da uno sforzo impressionante con una moto che certo non rende omaggio al campione quale è.
O forse no, forse non sono persone come noi. Perchè per correre con l’alluce rotto che non ti permette nemmeno di camminare devi essere un folle: una follia sportiva, che i motociclisti hanno più di chiunque altro. E non bastava soltanto stringere i denti e portarsi a casa qualche punticino… no, Fabio ha voluto anche quella medaglia, che tanto merita per il duro periodo che sta affrontando.
Che questa sia l’alba di un nuovo giorno per il Diablo.
La medaglia del supereroe.
Foto: Monster Energy Yamaha MotoGP