Ayrton Senna: dicono di lui

di Alice Roghi

In occasione del Gran Premio di San Paolo non c’è di meglio di cui parlare se non dell’idolo locale, Ayrton Senna da Silva.

In memoria di Ayrton

Ayrton Senna, un ricordo vivo nei cuori di tutti gli appassionati. Ancora oggi non c’è niente di più bello di vedere tifosi che dalle tribune acclamano Ayrton come se fosse ancora tra noi, con bandiere e cori. Magari lo è, magari ora si sta preparando per la sua performance nella sua terra, in Brasile, ed è pronto a scendere in pista. A correre insieme a tutti gli altri al volante della sua McLaren MP4/6, come era solito fare una volta. A vincere come nel 1991 e poi successivamente nel 1993. 

Dicono di lui che fosse un’opera d’arte, una leggenda, un mentore, un’ispirazione. Dicono di lui che fosse una stella nascente, un esibizionista, un audace. Dicono di lui che l’Ayrton di tutti i giorni fosse decisamente migliore rispetto all’Ayrton pilota, quello che si abbassava la visiera e un secondo dopo aveva in mente il solo obbiettivo di tagliare il traguardo per primo. Costi quel che costi. 

Quel 1º maggio del ’94

È Alboreto che ci fa vagamente immaginare uno dei momenti più crudi della storia della Formula 1: era ancora in macchina quando, incrociando lo sguardo di Patrick Head, con un cenno gli fece capire che Ayrton non c’era più.

E non sarebbe mai più tornato. 

Michele ci parla anche del volo da Montecarlo al Brasile, per accompagnarlo nel suo ultimo viaggio verso casa; poi del funerale. Del processo, dell’assoluzione, della Formula Uno che va avanti. 

E di quello che rimane di un campione, il ricordo. 

Foto: Schlegelmilch

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