Ferrari: la storia del cavallino rampante

di Alice Roghi

In ricordo di Francesco Baracca, colui che per primo ha portato il simbolo del cavallino rampante, oggi emblema della Scuderia Ferrari.

Il cavallino, simbolo della Scuderia Ferrari
Il cavallino, simbolo della Scuderia Ferrari

Pensando alla Scuderia Ferrari viene subito in mente una cosa: il suo simbolo. Il cavallino rampante con lo sfondo giallo Modena è ormai conosciuto in tutto il mondo. Visibile su tutte le auto della casa originaria di Maranello, in pochi sanno delle sue vere origini.

CHI ERA FRANCESCO BARACCA E GLI ANNI IN CAVALLERIA

Per poter parlare di queste bisogna necessariamente conoscere la figura di Francesco Baracca, asso dell’aviazione italiana durante la prima guerra mondiale. Nato a Lugo il 9 maggio del 1988 da una famiglia benestante, aveva da sempre coltivato la passione per i cavalli e per l’equitazione, unico metodo che conosceva per sfuggire alla monotonia portata dalla solita routine scolastica. Dopo essersi diplomato alla Scuola Militare di Modena con buoni voti, fu assegnato a uno dei reggimenti più prestigiosi del Regio Esercito, il 2° Reggimento Piemonte Reale Cavalleria. Lo stemma araldico? Un cavallino rampante color argento su campo rosso e coda abbassata.

L’AMORE PER IL VOLO E LA LETTERA AL PADRE

Quello con il volo fu un amore a prima vista. Era rimasto così impressionato da un’esercitazione aerea che, il 4 maggio del 1912, a Bétheny provò per la prima volta il brivido di staccarsi da terra. Inutile dire quanto fosse stato soddisfatto della scelta di essere passato dalla cavalleria all’aviazione, lo si può solo immaginare leggendo la lettera scritta al padre dove paragonava la sensazione che aveva provato ad ”un meraviglioso sogno ad occhi aperti”.

L’ APPARIZIONE DEL CAVALLINO RAMPANTE

Entro gli aviatori italiani che presero parte alla prima guerra mondiale, era nata l’usanza di decorare i loro velivoli con un proprio segno di riconoscimento. Tra il 1916 e il 1917 l’asso dei cieli, con le dovute modifiche come il colore del cavallino o la grafica, scelse lo stemma del “Piemonte Cavalleria” per ricordare le sue origini a livello militare e il suo attaccamento ai cavalli. La prima attestazione dell’effettiva presenza di questo simbolo fu l’8 maggio 1917, la prima foto pubblicata invece risale a solo 12 giorni più avanti. Il 27 aprile 1918 alla madre scriveva: ”[…] ti manderò presto la mia fotografia a cavallo ed intanto ti invio questa con l’apparecchio e sopra il cavallo, lo stemma del Piemonte Reale.”

Francesco Baracca, con sullo sfondo il Cavallino Rampante
Francesco Baracca, con sullo sfondo il Cavallino Rampante

IL SIMBOLO ARRIVA A ENZO FERRARI

Del motivo della presenza di un cavallo rampante su ogni Ferrari se ne venne a conoscenza solo dopo la pubblicazione dei ricordi di Enzo Ferrari, intitolati “Le mie gioie terribili” a causa della morte del giovane e amato figlio Dino.


In questa raccolta parla anche di quando nel 1923, al volante dell’Alfa Romeo RL Targa Florio numero 28, dopo aver conquistato il primo Circuito del Savio, conobbe Enrico Baracca e successivamente la moglie Paolina. Racconta inoltre che, un giorno, la contessa Paolina gli diede la foto che mostrava il figlio Francesco di fianco all’aereo con disegnato il cavallino e fu allora che gli comunicò la famosa frase: “Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo, le porterà fortuna.”

IL CAVALLINO RAMPANTE DALLO SFONDO GIALLO MODENA

Il Drake, dopo aver fondato la Scuderia Ferrari adibita alla “compera di automobili da corsa di marca Alfa Romeo e partecipazione colle stesse alle Corse incluse nel calendario nazionale sportivo e nel calendario della Associazione Nazionale Automobil Clubs”, nel 1932 alla 24 Ore di Spa-Francorchamps per la prima volta le Alfa Romeo della Scuderia Ferrari esposero l’icona del cavallino rampante. Un cavallino diverso da quello di Francesco Baracca, inserito in uno scudetto dallo sfondo giallo Modena, con una grafica diversa e la coda all’insù.

Questo segno avrà realmente portato fortuna al Commendatore? Chissà.

Foto: Charles Leclerc, Schlegelmilch, Aeronautica Militare

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